Recensione di Civil War: “Non mancano gli orrori in questo dramma senza compromessi”

“Non sai mai cosa succede dietro l’angolo!” Il giornalista veterano Sammy (Stephen McKinley Henderson) mette in guardia la fotografa alle prime armi Jessie (Cailee Spaeny di Priscilla) in Civil War dello scrittore/regista Alex Garland. È un consiglio che vale la pena seguire mentre loro, insieme al veterano fotoreporter Lee (Kirsten Dunst) e al sprezzante reporter Joel (Wagner Moura), intraprendono un viaggio arduo e pericoloso attraverso un’America futura in brutale conflitto con se stessa.

Eppure le parole di Sammy servono anche come monito da parte di Garland agli Stati disuniti di oggi: una terra le cui politiche partigiane e posizioni ideologiche radicate potrebbero davvero generare uno scenario da incubo simile a quello immaginato dal suo film.

Ciò che Lee e Joel stanno cercando è un’ultima intervista con (e una foto) del dispotico presidente della loro nazione (Nick Offerman) prima del suo imminente e violento rovesciamento. Tra loro e il loro obiettivo ci sono circa 800 miglia di terreno insidioso, governato da milizie che sono arrivate a considerare la loro specie come ambigui combattenti nemici.

Un palpabile senso di terrore pervade la storia mentre il quartetto centrale traccia un percorso verso Washington attraverso un paesaggio apocalittico di edifici in fiamme, auto abbandonate ed elicotteri militari abbattuti. Eppure Garland trasmette anche l’euforia vertiginosa che i suoi protagonisti ottengono dalla guerra viscerale a cui assistono lungo il percorso – un’euforia colpevole che deriva anche dalla carneficina adrenalinica.

I perché e i percome di come è scoppiata la guerra del titolo sono lasciati intenzionalmente, e in modo piuttosto frustrante, vaghi. Consapevole forse di esacerbare le tensioni sociali esistenti, Garland immagina un’alleanza tra lo stato rosso del Texas e la California di sinistra che sarebbe inconcepibile nella realtà, anche con un tiranno omicida come Offerman come loro reciproca bestia nera.

Considerato come fantasia speculativa, tuttavia, Civil War non è mai meno che vividamente e agghiacciantemente autentico. Non c’è da stupirsi che Lee di Dunst trascorra così tanto tempo con l’aria tormentata, nonostante tutta la vivace e dura professionalità che presenta ai suoi colleghi.

I sentimenti materni che Lee, con riluttanza, prova per il novellino di Spaeny consentono ad alcuni frammenti di umanità di emergere da dietro la desolazione prevalente di Civil War. Per la maggior parte, però, questo è un thriller cupo, crudo ed estenuante che sopporti tanto quanto ti diverti. Non c’è dubbio sull’abilità tecnica e sull’abilità artistica che Garland apporta alla sua rappresentazione di un mondo ruotato sul suo asse. Dopo due ore di implacabili ostilità intestine, tuttavia, è un mondo dal quale siamo tutti pronti a lasciare.


Civil War è nelle sale americane e in quelle britanniche il 12 aprile.